Mourinho non accetta il bavaglio, e accogliendo comunque l'invito ad abbassare i toni, mette tutti in guardia: l'omertà in Italia ha partorito Calciopoli. Una storia che all'epoca ha indignato lo "Special one".
Il tecnico nerazzurro però ha commesso almeno due errori. Il primo è che nell'estate 2006, quella delle intercettazioni e delle lunghe udienze nelle aule della giustizia sportiva, non lavorava più in Portogallo, ma in Inghilterra. Il secondo, molto meno trascurabile, è che nemmeno nel suo Paese d'origine sono tutti senza peccato, anzi, proprio il suo Porto, è stato protagonista di uno scandalo, denominato "Apito final", ossia fischio finale.
Al centro dell'inchiesta alcuni tentativi di corruzione legati a partite del campionato 2003/04, stagione in cui Mourinho allenava i "Dragao". Lui non ha responsabilità, ma il suo ex presidente Nuno Pinto da Costa, ad esempio, per quella vicenda è stato squalificato per due anni.
Peggio è andata a Joao e Valentim Loureiro, padre e figlio, a quei tempi ai vertici del Boavista, retrocesso in seconda divisione. Loro sono stati inibiti per quattro anni.
Il Porto se l'è cavata con sei punti di penalizzazione nella stagione 2007/08, che non hanno impedito alla formazione bianco azzurra di vincere il campionato, ma che ne hanno intaccato la reputazione. Per lo stesso motivo i lusitani hanno anche rischiato di non partecipare alla scorsa Champions League.