Il duemiladieci della Juventus è stato un anno così, double face, per sei mesi da dimenticare, cancellare, censurare, e per altri sei da vivere sul filo della speranza, dell’ambizione, della serenità ritrovata. Il duemiladieci è stato l’anno in cui una Juventus ha ceduto il passo a un’altra Juventus: inevitabile e doloroso. La prima è stata brutta, la più brutta della storia ultracentenaria di questa società; la seconda è bella, non ancora bellissima. Però ci vuole tempo, pure il Padreterno ha impiegato sei giorni per mettere insieme il mondo; Agnelli e Marotta - che sono umani - devono darci dentro sette su sette e non basta. Siccome tutto serve, persino ciò che è accaduto da gennaio a maggio deve essere sfruttato e mandato a memoria: per non incappare più nello stesso errore. Sarebbe facile martellare l’ex pluripotenziario Blanc, l’ex diesse Secco, gli ex allenatori Ferrara e Zaccheroni. Facile e inutile: hanno sbagliato, sì, ma perché il progetto era sbagliato. Infatti non esiste più un progetto, anzi la parola è stata addirittura bandita. Ora esiste una struttura snella ed esistono degli obiettivi da perseguire: i risultati di metà 2011 racconteranno come è andata e quanto ci sarà da correggere. Molti della prima parte del 2010 non ci sono più, congedati e/o rimossi, altri stanno per passare ai saluti (Sissoko e magari Amauri). Eppure il simbolo del cambiamento è un reduce, Felipe Melo. Inguardabile e contestato per un bel pezzo, fondamentale e adorato adesso che ha recuperato la sua dimensione e la sua tranquillità. C’è poi un secondo simbolo, biondo e velocissimo: si chiama Krasic, solletica la fantasia della gente con la stessa rapidità con cui si muove in campo. Ricorda Nedved, uno che si è fatto da parte scientemente per poter tornare. Ed è tornato.
I VOTI DA GENNAIO A MAGGIO - I sei mesi che passeranno alla storia. Sì, i sei mesi più neri della storia bianconera. Sei mesi disastrosi, sotto il profilo dei risultati e dell’immagine. Si inizia con il cambio di panchina (via Ferrara, ecco Zaccheroni), si finisce con il cambio di società (il potere ad Andrea Agnelli, JC Blanc ridimensionato, con Beppe Marotta e il suo gruppo aggregati per la rivoluzione). La Juve, che prova anche a reinserire Roberto Bettega in società, fallisce clamorosamente. Falliscono i brasiliani da 25 milioni (Felipe Melo e Diego), fallisce Cannavarochiamato al grande ritorno (contro il volere dei tifosi e delle logiche pallonare). Punto e a capo.
LA SOCIETA’
BLANC 4,5 - Presidente, amministratore delegato, direttore generale. Uno e trino. Ma senza esperienza nel mondo pallonaro, ha preteso troppo, con un pizzico di presunzione. Doveva affidarsi a gente del settore, invece pensava che aver giostrato nel Tour, al Roland Garros, nella Dakar lo avrebbe guidato con successo anche nel calcio. Altri sport, altra filosofia.
SECCO 5 - Direttore sportivo senza protezione. Una vita alla Juve e improvvisamente a condurre i giochi della Juve. Salto enorme, appunto senza rete. Su Felipe Melo non si era certo sbagliato, però se lo spogliatoio si è spaccato e i giocatori facevano ciò che volevano significa che non è riuscito a gestire la situazione.
GLI ALLENATORI
FERRARA 5 - Passa dalla scrivania al campo. Pochi fondamentali, poco sostegno. Destinato al massacro.
ZACCHERONI 5,5 - Traghettatore privo di... remi. Difficile così portare a riva la derelitta scialuppa bianconera. Che difatti salva a malapena l’Europa dei poveri. Subentra a fine gennaio a Ferrara, ma esce dal giro scudetto, dal giro Champions, dalla competizione di consolazione. Camoranesi e compagni non lo aiutano di certo. Insomma, riceve un’eredità grama che tale rimane.
LA SQUADRA
CHIELLINI 6,5 - Tra tanti sbandamenti, e “sbandati”, prova a mettere le basi per la sua crescita personale, da futuro capitano in campo (e fuori). Certo, anche lui spesso cade, ma si rialza con grinta e personalità, archiviando i sei mesi più neri della storia bianconera.
BUFFON 6 - Clamorosi gli sfoghi post-ko. Non si dà pace per una Juve che non è più Juve. Però, tra un tuffo (inutile) e l’altro, prova a scuotere la truppa.
CACERES 6 - La sorpresa dell’annata, una delle poche note liete. Nonostante gli acciacchi fisici, l’uruguaiano si dimostra difensore poliedrico e di prospettiva. L’unica colpa: arriva nel momento sbagliato.
TREZEGUET 5,5 - Qualche segnale di ripresa in inverno, poi anche Re David abdica. Acciaccato e con l’umore sotto i tacchi. Comunque, chiude con 10 gol stagionali e si ripresenta in ritiro pronto a cambiare finale. Così, Del Neri in avvio gli concede l’attacco, poi l’estate lo traghetta in Spagna. Adieu, adios, addio.
DEL PIERO 5,5 - Si mette a disposizione di Zac per tirare su la Signora, ma è missione impossibile. Il capitano, comunque, non abbandona la nave che affonda.
DIEGO 5 - Un avvio da stropicciarsi gli occhi, con quella doppietta alla Roma che rievoca un altro Diego (Maradona). Ma si spegne ben presto, con la luce che abbandona l’intero gruppo. Buio pesto.
FELIPE MELO 4,5 - Si porta sulle spalle il fardello dell’acquisto più oneroso, va fuori di testa, si becca la contestazione e reagisce in malo modo. Trascina l’ansia bianconera anche al Mondiale. Poi, invertirà la rotta dopo grande riflessione, ma il primo semestre 2010 è un disastro.
CAMORANESI 4 - Lascia la Juve nel peggiore dei modi: quasi mai in campo, latitante negli allenamenti.
CANNAVARO 4 - Era meglio se non tornava, a dispetto dei santi. E non meritava una chiusura di carriera (italiana) così.
GROSSO 4 - Abbaglio di mercato, tra tanta confusione. Si diceva fossero le dritte di Lippi, che però manco lo porta, in Sud Africa. Ma alla fine, annega l’intero gruppo (da Amauri in giù). Pochi esclusi.
I VOTI DA GIUGNO A DICEMBRE - «Gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare» sosteneva Bartali. Pare che il “ginettaccio” fosse tifoso juventino (tiepido, infatti i suoi biografi gli attribuivano pure una simpatia per la Fiorentina), sicuramente dei bianconeri aveva il carattere vincente e la capacità di ripartire dopo i passaggi a vuoto. Esattamente la reazione esibita dalla Juve al termine della peggior stagione della propria ultracentenaria storia. Più che un restyling i vertici del Lingotto (pardon di corso Galileo Ferraris) si sono aperti a una rivoluzione all’insegna proprio del «Gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare». Nuovi i vertici societari, nuovo l’allenatore, nuovi dodici giocatori nella rosa della prima squadra. Si è riportato un Agnelli (Andrea) al vertice del club, pescando così nella propria storia per guardare con fiducia al futuro. Alcuni risultati sono già stati raggiunti: una ritrovata credibilità, un approccio determinato dentro e fuori dal campo (vedi la gestione del caso Calciopoli), una complicità non solo di facciata tra tifosi, squadra e società. Restano da conseguire gli obiettivi vitali, occorre tornare a sollevare trofei. L’impressione è che la strada intrapresa sia destinata a quel naturale approdo, ma la teoria necessita ovviamente di conferme.
LA SOCIETA’
MAROTTA 7,5 - Entrato nella sede bianconera in qualità di direttore generale, in pochi mesi Beppe Marotta è stato cooptato nel CdA con la promozione ad amministratore delegato. Un segno tangibile della fiducia riposta nei suoi confronti dalla proprietà. Nel responsabile dell’area sportiva la gentilezza dei modi si sposa al decisionismo che l’ha portato a cambiare volto a una squadra ancorata, fino al maggio scorso, al pre-Calciopoli. Il colpo Krasic rappresenta il fiore all’occhiello per la nuova dirigenza, ma con la sola eccezione di Motta (mentre il giudizio su Martinez resta sospeso) tutti i nuovi arrivati hanno convinto. Ottima poi l’intuizione - da ascrivere a Fabio Paratici, braccio destro di Marotta - di portare Frederik Sorensen in bianconero per un esborso di 150 mila euro. Un’inezia per i canoni del calciomercato. Soprattutto un movimento che sottolinea l’attenzione dell’intero staff (comprendente pure Gianni Rossi e Carlos Manuel Vargas) per i giovani. Dire che la Juve programma il proprio futuro è molto più che uno scontato slogan.
L’ALLENATORE
DEL NERI 7,5 - La scelta di puntare sul tecnico di Aquileia, nello scorso maggio, è stata la prima presa da Marotta. E non si presentava esente da rischi, considerato che fino a quel momento i nomi ipotizzati erano quelli di Benitez (al tempo godeva di un appeal rivelatosi eccessivo) e Prandelli. Nei fatti la decisione è risultata azzeccatissima. Del Neri ha infatti confermato di essere uno dei migliori tecnici in circolazione sotto il profilo tattico, dimostrandosi - e questo era meno scontato - anche un ottimo gestore dello spogliatoio. Coerenza e chiarezza sono le sue linee guida, assai gradite a un gruppo che aveva assolutamente bisogno di affidarsi a una figura carismatica. Emblematico, in tal senso, il recupero psicologico di Felipe Melo.
LA SQUADRA
STORARI 7,5 - Il fatto che oggi lo si consideri in competizione con Buffon dimostra come l’ex portiere della Samp sia approdato a una nuova dimensione. Eccellente tra i pali, discreto nelle uscite, di Storari colpisce soprattutto la serenità, trasmessa all’intera difesa.
GRYGERA 6 - Prima di essere fermato da un infortunio a Salisburgo, aveva riconquistato il posto da titolare dimostrandosi al solito valido in fase difensiva e un po’ lacunoso nelle incursioni.
M.MOTTA 5 - Nonostante sia arrivato in ritiro nella prima infornata, cioè a inizio luglio, non è riuscito ad assimilare i concetti difensivi di Del Neri. Ritrovarsi davanti Krasic, che è una sorta di attaccante aggiunto, non gioca a suo favore.
SORENSEN 7,5 - Il danesino (si fa riferimento all’età, non alla stazza) ha determinazione, intelligenza tattica e atletismo da giocatore importante. Deve progredire invece dal punto di vista tecnico. Probabilmente quando potrà agire nel ruolo (naturale) di centrale una certa ruvidezza di piede e le difficoltà nel breve saranno meno evidenti. Il tempo gioca davvero a suo favore.
BONUCCI 7,5 - Superata la fase di ambientamento (e smaltite le scorie del Mondiale, perché praticamente ha rinunciato alle vacanze) l’ex barese ha confermato la bontà dell’investimento estivo. A soli 23 anni gioca con la tranquillità di un veterano, dimostrandosi abile anche nel far ripartire l’azione. Sarà un punto fermo per molti anni.
CHIELLINI 7,5 - I movimenti difensivi introdotti da Del Neri gli sono costati alcuni passaggi a vuoto (condivisi con l’intero reparto) a inizio campionato, ma pagato il pedaggio alla novità il livornese è tornato al suo rendimento abituale. Ovviamente altissimo.
LEGROTTAGLIE 6 - Per l’ottima prova di San Siro contro il Milan, l’unica partita da titolare giocata nell’attuale campionato. Match fondamentale, però.
RINAUDO ng - (a causa degli infortuni)
GROSSO 6 - Reintegrato per cause di forza maggiore, il terzino caro a Lippi ha reagito bene, salvo adagiarsi un po’ nelle ultime uscite dell’anno. Se vuole conservare il posto è bene che torni all’antico...
TRAORE’ 6 - Partito con il freno a mano tirato (causa infortuni), il francesino ha innestato le marce alte nelle ultime apparizioni. Potrebbe ritagliarsi uno spazio importante, prima però dovrà convincere Del Neri sulle sue capacità difensive.
DE CEGLIE 6,5 - Sfortunato, Ha subito un grave infortunio, ma le recriminazioni sono legate soprattutto alla tempistica dello stesso. Il ko è arrivato quando il valdostano stava finalmente dimostrando di poter reggere il peso di una maglia titolare.
FELIPE MELO 7,5 - Dopo il naufragio al Mondiale il brasiliano rischiava di affogare, invece ha tirato la testa fuori dall’acqua e ha ripreso a nuotare con maggior vigore. Quellao che tutti gli hanno sempre riconosciuto. La novità è che oltre ai muscoli, Melo ora esibisce anche il cervello, dimostrandosi serio e affidabile. Se dura il suo stato di grazia, la Juve sarà davvero autorizzata a pensare in grande.
AQUILANI 7,5 - Ha liberato la propria testa dai cattivi pensieri (causati da un paio di stagioni vissute ai margini) e Melo dalle incombenze offensive. Il risultato è stato eccellente a livello personale e pure di squadra, nonostante la lieve flessione dicembrina.
MARCHISIO 7 - Essere centrale anche una volta spostato a sinistra nel suo caso non è contraddittorio. La trovata di Del Neri ha sicuramente giovato alla difesa, meno all’attacco. In ogni caso Marchisio si è rivelato al solito utilissimo.
SISSOKO 5,5 - Le sue lunghe leve sono tornate a girare, la testa ormai sembra altrove. D’altronde tutti i giocatori per rendere al meglio hanno bisogno di sentirsi importanti e il maliano, per questa Juve, oggettivamente non lo è.
KRASIC 9 - Ha le fattezze di Nedved e ci ricorda il miglior Boniek. Non male come punti di riferimento, lui nel frattempo lo è diventato per la Juve tutta. La sua spinta sarà determinante nella rincorsa alla vetta.
PEPE 7 - Il romano è uno di quei giocatori apprezzati soprattutto da compagni e allenatori, ma con il passare delle settimane anche i tifosi più esigenti hanno iniziato a spostarsi dalla sua parte. Perché tanta abnegazione finisce per conquistarti e comunque anche i piedi, nei giorni giusti, non sono così malaccio.
J.MARTINEZ n.g. - Leggi Rinaudo (con l’aggravante dei 12 milioni spesi per strapparlo al Catania).
SALIHAMIDZIC n.g. - Qualche minuto, tanta simpatia.
DEL PIERO 6,5 - L’inverno del capitano è all’altezza del personaggio, infarcito di record legati a una militanza ormai quasi ventennale. L’esplosione di Quagliarella ne ha però ridimensionato, inevitabilmente, il minutaggio.
IAQUINTA 6,5 - Il film della sua stagione non è dissimile da quello dei tre anni precedenti, vissuti perennemente in bilico tra campo e infermeria. Eppure tutti gli allenatori transitati nel periodo sulla panchina bianconera hanno faticato a prescindere dall’attaccante calabrese, soprattutto dopo il declino di Amauri.
AMAURI 4 - Il suo 2010 è sintetizzato da un’arida cifra: un solo gol in campionato nell’intero anno solare. Un flop che non si spiega solo con gli infortuni. I tempi sono maturi per un congedo.
QUAGLIARELLA 8 - Perché è un giocatore che abbina l’utile al dilettevole, capace di supplire all’assenza di un centravanti e di far presagire meraviglie per quando ne avrà uno al fianco con cui duettare.